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DALLA TERRA AL CIELO: LE RADICI SPEZZATE DI VAIA

L’ORIGINE 

Il 29 ottobre 2018 è una data che ha segnato in maniera indelebile la comunità outdoor delle Dolomiti. In quel “lunedì nero”, la tempesta Vaia, con raffiche di vento da uragano fino a 200 km/h, si è abbattuta in particolare sulle foreste di abete rosso tra Veneto e Trentino, dopo che alcune giornate di pioggia abbondanti avevano compromesso la tenuta delle radici.

Oltre 14 milioni di alberi sono stati sradicati e gettati a terra come bastoncini, su una superficie totale di 42.500 ettari. 


Gli effetti di una delle calamità più devastanti degli ultimi decenni sull'industria del legno, l’agricoltura forestale e il turismo sono stati invece incalcolabili.

LA SCINTILLA

Il disastro naturale provocato da Vaia ha lasciato un segno profondo anche negli abitanti delle aree colpite. Molti di loro hanno scelto di dare nuovo valore a ciò che rimaneva dei boschi di abete rosso e faggio schiantati, facendo della valorizzazione del legname la mission della propria attività. 
E’ quanto accaduto allo scultore Marco Martello “Martalar”(abitante della valle sassosa in cimbro), che dopo Vaia ha deciso di cambiare la direzione delle proprie opere. Camminando tra le rovine dei boschi attorno a casa, l’artista era spesso attratto dalla curiosità con cui il proprio cane annusava quei resti, ormai secchi. In qualche modo quei pezzi di legno morti stimolavano ancora i suoi sensi, come se la loro funzione nell’ambiente naturale non si fosse del tutto esaurita.
Una scena ricorrente, nelle lunghe passeggiate del periodo pandemico. E’ da questa scintilla che Marco Martalar ha tratto un nuovo modo di fare arte. 

 

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Il cambiamento è stato anzitutto a livello personale: in primis la scelta di trasferirsi nella casa dei nonni, sull’altopiano di Asiago, per diventare parte di quel contesto che fino ad allora aveva assaporato saltuariamente. E poi il legno. Un materiale compatto, ma flessibile nell’utilizzo se unito in più parti.

Un ritorno alla nostra natura animale: “Dobbiamo tornare a sporcarci le mani, incontrare gli animali da vicino, recuperare la nostra dimensione primordiale che troviamo solo nella montagna”, spiega Martalar.

Nasce così la serie di opere ispirate agli animali del bosco anziché di derivazione fantasy, realizzate combinando tra loro scarti boschivi, sfridi e radici spezzate.

Il processo creativo parte da un disegno, ma è l’unicità di ciascun pezzo raccolto (senza essere trattato con vernici) a dare forma all’opera, come in un mosaico. Così, una radice ricurva si trasforma in un’ala, mentre i rametti più sottili diventano una criniera. 

IL LEONE ALATO 

Tra le ultime sculture restaurate dall’artista vicentino, quella del leone alato è l’emblema di un territorio capace di rialzarsi dopo la tempesta Vaia. Realizzata nel 2020, simboleggia l’unione tra Venezia e le Dolomiti, che per diversi secoli hanno contribuito all’espansione della città fornendo i prodotti derivanti dai boschi. Un patto di fratellanza storico tra la città e la montagna che prosegue oggi in questo tributo all’imponenza, alla forza e alla bellezza delle foreste. 


Il leone alato è il protagonista di un’installazione temporanea che permetterà agli appassionati di visitare la scultura presso l’MVC Store di Seren del Grappa (BL) fino a fine 2026.

La testa dell’animale leggendario è simbolicamente rivolta verso le zone più colpite, come monito a non abbandonare i propri compagni rimasti indietro sul sentiero.

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